domenica 16 dicembre 2007

L'etica delle tasse

In libreria trovate un interessante libro di Franco Gallo, intitolato Le ragioni del fisco - Etica e giustizia nella tassazione, pubblicato da Il Mulino.
Dove l'autore affronta il discorso tributario nella sua dimensione etica, che si lega indissolubilmente al rapporto tra giustizia fiscale e giustizia sociale. In un qualsiasi stato di diritto il tributo è uno dei più importanti strumenti di redistribuzione della ricchezza, naturalmente se costruito secondo la capacità contributiva ed avente il criterio di progressività.
Ne deriva che una ragionevole politica fiscale contribuisce alla riduzione delle disuguaglianze sociali.
E' sulla corretta allocazione delle risorse che si gioca la credibilità di questo o di quel governo, se la politica fiscale è poi associata ad un controllo delle spese.
Ma, nel mondo reale, come la mettiamo? E il fenomeno dell'evasione, come va affrontato?
Se le tasse le pagassaero tutti, sarebbero sicuramente meno ingenti, ed il problema sarebbe risolto alla radice. Il nostro sistema purtroppo convive con cento miliardi di evasione all'anno.
Il professor Gallo, pur non scendendo nei meriti del problema, si pone, e pone, alcune domande (e speriamo che qualche parlamentare o ministro le legga...).
Alla base dell'evasione c'è un generale problema di crisi dei valori etici e politici e di rispetto della legalità (ne abbiamo avuto prova anche in questi giorni di scioperi, dove il senso civico degli scioperanti, è stato talmente "elevato" da bloccare un intero paese)? Oppure è solo un problema "tecnico" (e cioè il contribuente ha i mezzi per rendersi invisibile, e l'efficienza degli accertamenti è lungi dall'essere perfetta)? E l'opinione pubblica che percezione ha del fenomeno? Ritiene veramente l'evasione fiscale "illegittima ed immorale"? Il Parlamento non ha ancora i mezzi per varare seri provvedimenti anti-evasione? Ma, soprattutto, perché nessun governo ha mai garantito un livello sufficiente di lotta e di prevenzione all'evasione?
Beh, non è che pagare le tasse faccia piacere.Lo diceva già Piero Gobetti nel 1924 (La rivoluzione liberale), e sosteneva che il contribuente non ha mai percepito la sua dignità di "partecipe alla vita statale. Paga bestemmiando lo Stato, non ha coscienza di esercitare, pagando, una funzione sovrana. L'imposta gli è imposta". Oltretutto, oggi, non si ha nemmeno la percezione di quanto effettivamente venga redistribuito attraverso i servizi. Ma tutto ciò non significa certo che le tasse siano ingiuste o moralmente inaccettabili.
Gallo sostiene che il tributo non è solo il "costo" dei diritti, ma in una società diseguale come la nostra, lo strumento principe che lo Stato ha a disposizione per "correggere le distonie del mercato a favore delle libertà individuali e collettive, a tutela dei diritti sociali".

Lettera di un vice direttore di banca

Leggo sul Sole 24Ore una lettera inviata dal vice direttore della Banca di Credito Cooperativo di Vallo della Lucania, che interamente riporto.
"A seguito dell'impennata dell'euribor che porterà le rate dei mutui a un ulteriore rincaro suggerisco una equa e possibile soluzione per contenere l'aumento. Il problema potrebbe essere risolto, senza eccessivi sacrifici da entrambe le parti - banche e mutuatario - mettendo queste sullo stesso piano di rischio. Basterebbe chiedere, su basi volontarie, la sostituzione delle rate a tasso variabile con una rata a "quote costanti", con effetto retroattivo.
Il cliente pagherebbe l'importo della prima rata costantemente fino a quando non estingue il mutuo. Il mutuo "a quote costanti" è un prodotto finanziario già esistente. Non si scopre l'acqua calda. Il Governo dovrebbe eventualmente intervenire chiedendo alle banche di essere disponibili ad accogliere le richieste dei clienti facendo pagare d'ora in avanti la stessa somma della prima rata del mutuo."

Non discuto l'intento, senza dubbio quello di andare incontro a chi sta avendo delle difficoltà ad affrontare i maggiori importi delle rate dei mutui a tasso variabile, ma, mi chiedo sostanzialmente una cosa.
E' indubbio che pagare una rata in alcuni casi (dipende dalla cifra iniziale e dalla durata del mutuo) anche di 200 euro inferiore a quella odierna sarebbe un vero e proprio toccasana per le finanze spesso precarie delle famiglie, ma il vice direttore (di cui per correttezza non cito il nome, anche se sul quotidiano c'era) non specifica se viene modificato anche il tasso, portandolo ad un fisso.
Perché, e questo è bene dirlo, riportando la rata all'importo iniziale si allunga a dismisura la durata del mutuo, e, se proviamo a fare un calcolo, vengono fuori delle situazioni assurde!
In un mutuo a tasso variabile, quella che viene modificata dalla variazione dei tassi è la quota interessi della rata, perché la quota capitale viene fissata dal piano di ammortamento all'inizio del mutuo e mai più modificata. Se ci sono delle importanti variazioni dei tassi di interesse quando il mutuo è strutturato su un piano di rimborso a rate costanti ma durata variabile, di solito le banche fissano un limite massimo di durata oltre il quale il mutuo non può andare, perché veramente l'impatto sulla durata è importante.
E crescendo la quota interessi per effetto dell'aumento dei tassi, il cliente sostanzialmente non rimborsa interamente la quota capitale, proprio perché l'importo della rata non cambia.
Quindi, o il mutuo diventa di 60 anni, oppure ad un certo punto la banca ti chiede di rientrare!
Non credo che questa sia la soluzione più giusta per affrontare il problema. Sarebbe improponibile sia per le banche che per i mutuatari, a meno di fissare dei paletti che però la renderebbero meno risolutiva.
Piuttosto, si adottino dei piani di ammortamento flessibili, con la possibilità di variare il tasso da fisso a variabile sino alla scadenza. E' il cliente, soprattutto se ben consigliato, che di volta in volta sceglie il tipo di tasso più adatto a periodo di mercato in cui ci si trova.
Fermo restando il fatto che un mutuo a tasso fisso per tutta la durata non è MAI conveniente.

giovedì 13 dicembre 2007

Siamo al 5%!

Beh, alla fine ci siamo arrivati.
Se a Washington i tassi scendono (è di martedì il taglio di 0,25% operato dalla Fed, anche se i mercati si aspettavano di più), a Francoforte (dovrebbero cambiare il nome della città in Euroforte, o no?) la Bce non palesa la mimina intenzione di abbassare il costo del denaro a breve termine.
Così i tassi bancari dell'Eurozona sono arrivati al 5%, cosa che non succedeva da sette anni!
Questa salita però non è del tutto imputabile all'atteggiamento intransigente della Bce. Da alcuni mesi ormai i tassi si aggirano su valori molto più elevati rispetto a quello di rifinanziamento, fermo al 4%, e questo a causa della crisi di fiducia innescata dalla tempesta subprime: le banche sono più restie a prestarsi il denaro l'una con l'altra e questo fa schizzare verso l'alto i tassi Euribor.
E così chi ha un mutuo a tasso variabile (come me, d'altra parte) ha avuto un aumento medio del 5,6% dall'inizio dell'estate, e del 25% da un paio di anni a questa parte.
E' certo che la situazione non si risolverà nel brevissimo periodo, ed aspettiamoci nei prossimi giorni un ulteriore rialzo dell'Euribor.
Bisogna inoltre attendere i bilanci che le banche presenteranno per l'ultimo trimestre 2007 e per il primo 2008, e verificare se ci saranno altre svalutazioni. Quindi dobbiamo pazientare almeno fino alla prossima estate.
I future sull'Euribor però prospettano per il 2008 i tassi in graduale discesa: quello a 3 mesi è dato al 4,55% a marzo, al 4,45% a giugno e al 4,33% a settembre.
Speriamo!

Cosa c'è sotto i Poli (quelli veri, eh)?

I ghiacci della calotta artica, come ormai tutti sappiamo, si stanno sciogliendo sempre più rapidamente, ma c'è chi è molto contento di questo fatto. Chi? Beh, semplice, i cinque paesi che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, che sono: Usa, Russia, Norvegia, Danimarca e Canada.
Ora l'accesso alle risorse che giacciono sotto i ghiacci è molto più agevole, ed inoltre sembra che ci sia veramente molto di più di quello che si stimava.
Un primo segnale di questa moderna "corsa all'oro" è stato dato ai primi di agosto, quando due minisottomarini russi hanno deposto sul fondale del Polo Nord, a 4.200 metri di profondità, una bandiera russa, come simbolica rivendicazione delle acque che separano il Mare Artico sino al Polo, molto oltre il convenzionale limite di 200 miglia entro cui si estende la ZIEE (Zona di Interesse Economico Esclusivo), rivendicando un'ipotetica continuità lungo la cosiddetta "dorsale di Lomonosov" che parte dall'arcipelago della Severnaja Zemlya.
E così fa la Danimarca (senza piantare bandiere però), che ritiene che la suddetta dorsale nasca o muoia nei pressi della Groenlandia.
Gli altri paesi interessati respingono le pretese della Russia a questo proposito, ma è interessante notare come in realtà ci siano altre dispute su territori addirittura tra alleati della Nato (vedi schema in fondo al post).
Al di là del controllo di nuove rotte navali, quello che veramente fa gola un po' a tutti sono le ricchezze minerarie racchiuse dalla regione artica (stimate intorno ai 2.000 miliardi di dollari).
Beh, cosa c'è là sotto di così ghiotto?
Innanzitutto idrocarburi, stimati fino a 100 miliardi di barili di petrolio.
Tra l'altro molte di queste risorse sono dislocate proprio lungo le coste russe. E la Russia già dalla terraferma delle sue regioni artiche trae il 91% delle sue risorse di gas e l'80% di quelle di petrolio.
Ci sono poi i nitrati di gas, combinazioni di acqua e metano gelati di cui sono ricchi i fondali marini, specialmente quelli artici ed il permafrost costiero.
Ci sarebbero anche grandi quantità di noduli di stagno, manganese, nickel, oltre a platino e diamanti. Senza dimenticare le crescenti risorse ittiche, che stanno crescendo a causa del riscaldamento progressivo di quelle acque ed alla loro sinora intoccata purezza.
Il quesito da risolvere però é: a chi appartengono queste risorse?
O meglio, di chi sono le acque sotto i cui fondali sono sepolte?
E' interessante notare che la costituzione della piattaforma artica, in sostanza definita come "terra composta di ghiacci", l'ha sempre resa indefinibile a livello giuridico, non era terra e non era mare. Ma mare progressivamente sta diventando, e a questo punto il solo regime giuridico applicabile è quello della "legge del mare", che prende il nome dalla Convenzione di Montego Bay del 12/1982, ratificata da 55 paesi (ma non dagli Usa) in base alla quale il limite massimo esercitabile dagli Stati è quello delle 200 miglie nautiche di cui sopra (371 km).
In base a questa convenzione le pretese russe e quelle danesi sarebbero da rigettare.
Sarebbe bello riuscire a dichiarare queste risorse come patrimonio dell'umanità e creare un pool di Stati misti per utilizzarle e distribuirle, ma come le cose belle e giuste, è naturalmente impossibile.
Diversa è la situazione in Antartide, grazie al Trattato sull'Antartide firmato a Washington il 1mo dicembre 1959, che bandisce "tutti i provvedimenti di carattere militare, come l'insediamento di basi, la costruzione di fortificazioni, manovre od esperimenti di armi di qualunque genere, affinché l'Antartide sia riservata per sempre solo ad attività pacifiche e non divenga né il teatro né il motivo di vertenze internazionali".
Trattato completato nel 1991 con il Protocollo di Madrid che vieta per 50 anni ogni ricerca o estrazione mineraria e richiede una "valutazione di impatto ambientale" per ogni attività qui condotta.
Alcuni paesi però rivendicano diritti storici di sovranità su alcune zone del continente, cosa peraltro legittimata dall articolo 4 del Trattato, che salvaguarda "i diritti di sovranità territoriale oppure le rivendicazioni di sovranità...in precedenza fatte valere" dai firmatari, come base giuridica per accampare prerogative che consentano in ogni momento di avviare attività economiche sul continente denunciando il Trattato.
Però, è curioso reclamare il controllo territoriale di zone che non si possono sfruttare economicamente!
Beh, anche in Antartide vi sono ingenti quantità di petrolio (tra 25 e 50 miliardi di barili), gas, carbone, cromo, nickel, zinco, manganese, stagno, molibdeno, piombo, cobalto, titanio, oro, argento, platino, uranio, noduli metallici. Vi è poi anche il potenziale ittico e come dimenticare il ghiaccio (l'acqua), che è il 90% del totale del pianeta e il 60% dell'acqua dolce disponibile sulla terra?

I Conteziosi aperti
Tra Usa e Canada: transito nel mitico "passaggio di Nord-Ovest" che Washington ritiene libero mentre Ottawa giudica soggetto a permesso
Tra Danimarca e Canada: il minuscolo isolotto di Hans, di appena 1,3kmq di superficie, messo in luce dallo scioglimento dei ghiacci del Mare di Lincoln, ma cruciale per attribuire la sovranità sulle acque del Polo (vi ricordate le famose 200miglia marine?)
Tra Russia e Norvegia: delimitazione di una porzione del Mare di Barents, tra l'arcipelago delle Svalbard (norvegese) e la Terra di Francesco Giuseppe (russa), zona ricca d'idrocarburi
Tra Russia e Usa: la Duma russa, malgrado la firma, non ha ratificato un trattato del 1990 con gli Usa per delimitare le acque del Mare di Bering, perché ritiene che le siano stati sottratti 50kmq ricchi di pesce e di idrocarburi
La Russia ha allargato le sue pretese territoriali nel Mar Glaciale Artico per controllare l'eventuale apertura alla navigazione del "passaggio a Nord-Est" che ridurrà fortemente la durata della navigazione tra Estremo Oriente ed Europa.

Allo sportello: scaltri o impreparati?

Il Sole 24Ore ha fatto un'indagine visitando gli sportelli di 16 banche diverse, specializzate e non, per verificare l'applicazione delle direttive del decreto Bersani e ha scoperto che...
La confusione allo sportello regna sovrana, e se per il consumatore è già difficile capirci qualcosa, è bene chiarire subito che dopo una visita in banca il risultato è quello di capirci ancora meno.
Certo, i media, con il succedersi di notizie preoccupanti, hanno generato una sorta di corsa alla rinegoziazione o alla surrogazione, ma se non sei già ferrato in materia, ti ritrovi solamente sommerso di numeri e sigle che in realtà sono solo armi per ingannarti, o specchietti per le allodole.
Anch'io in passato sono andato "in incognito" a chiedere informazioni per un mutuo, vi assicuro che ne ho viste di tutti i colori.
Ma andiamo avanti.
Il "travestimento" del giornalista del Sole era quello di un consumatore che nel dicembre del 2005 ha acceso un mutuo di 130mila euro, con tasso variabile per 20 anni, e che adesso si trova a pagare una rata più elevata di circa il 20%, a causa del rialzo dei tassi.
Diciamo subito che in un terzo dei casi non è stato possibile parlare con i consulenti perché "troppo impegnati", la proposta è stata quella di tornare in un altro momento, magari anche dopo un paio di settimane. Ragazzi, come se al mondo non ci fossero altre banche... Questa è una delle distorsioni dello stipendio fisso, e mi chiedo se le banche lo sanno...
Cinque banche hanno proposto di sfruttare le novità del decreto Bersani, e poi hanno proposto una semplice sostituzione. Chiusura del vecchio mutuo, accensione di uno nuovo (con relativo atto notarile) e ancora con durata ventennale (solo due anni in più quindi). In due di queste cinque hanno avuto il coraggio di dire: "La legge sulla surroga esiste, ma l'Abi non l'ha ancora accolta, per cui per ora ci limitiamo ad offrire la sostituzione". Come dire: "Il codice della strada esiste, ma io non l'ho ancora accolto, per cui mi limito ad investire pedoni e a saltare semafori".
Che coraggio!
Inutile dire che la sostituzione consente alla banca di applicare commissioni varie...ma questo non spieghiamolo ai consumatori.
In realtà il decreto è in vigore, è chiaro che in questo momento ogni istituto si comporta come ritiene più conveniente.
Bene, allora vediamo un preventivo di sostituzione!
Il modello Esis (reso obbligatorio dal Codice di condotta europeo sui mutui casa per rendere facile il confronto tra diversi istituti) viene rilasciato solo da quattro istituti (due su otto dagli sportelli "fisici" e due su due dalle banche "online").
Quattro stampano il preventivo su moduli predefiniti, e due riportano appunti generici su un foglietto bianco. Beh, sfido chiunque a fare un facile confronto a questo punto!
Anche perché sui preventivi non viene indicato proprio tutto: tutti indicano il parametro utilizzato per indicizzare il tasso (Euribor per il variabile e Irs per il fisso) più lo spread, ma solo quattro (che poi sono quelle che hanno rilasciato l'Esis) indicano il Taeg o l'Isc (indici che comprendono anche i costi accessori dando la possibilità al consumatore di poter veramente confrontare le offerte nella loro globalità).
Addirittura quattro assicurano che non vi sono altre spese salvo poi aggiungere a penna "voci accessorie", e non quantificandone neppure l'importo. Altri due dicono che "il calcolo del Taeg si può fare solo al momento del contratto" di modo da tradire totalmente lo spirito di questa voce, che è appunto quello di rendere immediatamente confrontabili i PREventivi. Si sono inventati i POSTventivi, ma bravi!
Se poi volete conoscere l'elenco delle banche visitate, beh, procuratevi il Sole 24Ore di lunedì 10 dicembre, è meglio che non li metta i nomi, conosco troppo bene il mondo finanziario...!
Se trattano i clienti così, figuriamoci chi ha il coraggio di criticare il loro operato, e poi ci si chiede perché i cittadini non abbiano fiducia nel mondo del credito!

Surrogazione, sostituzione, rinegoziazione, facciamo un po' di chiarezza?

C'è molta confusione su ciò che si può fare per arginare l'impatto che l'aumento delle rate che stanno subendo i mutui a tasso variabile. L'ormai famosa Bersani-bis (Dl 7/2007 convertito in legge 40/2007) in realtà non mette del tutto al riparo da alcuni problemi che si potrebbero incontrare nel realizzare la cosiddetta "portabilità del mutuo".

Con la portabilità si è cercato innanzitutto di "costringere" le banche ad aumentare la concorrenza a livello di abbassamento degli spread, e nello stesso tempo facilitare la procedura che dovrebbe consentire il passaggio del mutuo da un istituto ad un altro senza estinguerlo.
C'è da notare che questo meccanismo in realtà è già previsto dal codice civile (l'articolo 1202 "surrogazione per volontà del debitore"), ma non è praticamente mai stato utilizzato perché dà luogo a diverse problematiche.
In parole povere si prende una vecchia ipoteca (adeguatamente controllata perché la sua efficacia è tutta da verificare, prima cosa che rimette in gioco il notaio che il decreto Bersani tendeva ad escludere), la si stacca dal vecchio mutuo e la si lega ad un nuovo mutuo concesso da una nuova banca. Chiaramente il nuovo istituto ha tutto il diritto di verificare che la precedente pratica sia stata istruita perfettamente, perché qualche difetto potrebbe creare problemi su un nuovo contratto. Facciamo subito notare come ci sia un difetto linguistico nella definizione di "portabilità del mutuo"; avrebbe più senso parlare di "portabilità dell'ipoteca".
Vediamo quella che è la procedura più semplice, che consiste in un unico atto nel quale convergono il mutuatario, la vecchia banca e la nuova banca.
Sinteticamente:
  • si stipula un nuovo mutuo con un nuovo istituto; questo mutuo è un "mutuo di scopo", e cioè serve come mezzo per estinguere quello vecchio
  • con il ricavato si estingue il vecchio mutuo e si dichiara alla vecchia banca che per effettuare l'estinzione si è utilizzato un nuovo mutuo
  • la vecchia banca DEVE rilasciare una quietanza di estinzione del vecchio mutuo prendendo atto che il mutuatario si è procurato un nuovo mutuo
  • si stipula l'atto di surrogazione dove il debitore dichiara che la nuova banca subentra alla vecchia nelle garanzie (e non solo l'ipoteca, ma anche eventuali fidejussioni), e quindi "porta" la vecchia ipoteca a garanzia del nuovo mutuo.

Ora cerchiamo di fare chiarezza nella terminologia, perché non solo i consumatori, ma anche gli addetti ai lavori fanno una gran confusione.

Per esempio, la "rinegoziazione" è una ridefinizione con la STESSA banca delle condizioni del mutuo già in corso (tassi, durata, spese, etc.). Attenzione, la banca non è necessariamente obbligata ad aderire ad un'eventuale proposta di rinegoziazione da parte del cliente, ma è chiaro che la riproposizione così enfatizzata a livello di media della portabilità sta portando addirittura alcuni istituti (su tutti Intesa SanPaolo, Unicredit e MPS) a suggerire loro stessi questa opportunità ai loro clienti, senza spese, pur di non perderli.

E' vero che non necessariamente serve l'intervento del notaio. Questo perché il nuovo mutuo non necessariamente dev'essere un atto notarile, ma è improbabile che la nuova banca rinunci all'atto pubblico o autenticato perché è l'unica condizione per poter disporre della copia esecutiva in caso di insolvenza del mutuatario, senza la quale il processo di espropriazione deve essere preceduto dalla causa per accertare il credito e ordinare al debitore il pagamento.

Ma diventa necessario per la surroga, cioè per effettuare il passaggio delle garanzie da una banca all'altra. L'atto in questione va pubblicato nei registri immobiliari e deve essere in forma autentica.

Quello che in ultima analisi la Bersani-bis ha fatto non è disciplinare la surrogazione, che come detto già esisteva come strumento nel codice civile, ma ne ha facilitato l'utilizzo, inoltre ha portato le banche ad una maggiore concorrenza al ribasso, sia come rinegoziazioni che come proposte di nuovi mutui. Inoltre ha tagliato i costi fiscali e delle commissioni bancarie di quest'operazione dicendo che:

  • non si perdono i benefici fiscali del vecchio mutuo (detrazione degli interessi per esempio)
  • non si paga l'imposta sostitutiva sul nuovo mutuo
  • non si paga nessun'imposta per la surrogazione (registro, bollo, ipoteca, NIENTE)
  • le banche non possono imporre costi per effettuare questa procedura.

Ricordiamoci che si parla sempre di surrogazione, quindi quello che va sostituito è l'esatto importo del vecchio mutuo e non un centesimo di più, perché allora non è più una surrogazione ma una sostituzione, con un nuovo atto di mutuo e tutte le spese collegate, questo è bene chiarirlo perché è uno dei primi elementi di confusione.

lunedì 10 dicembre 2007

Poi non lamentiamoci...

Vi riporto i dati salienti di un articolo di Marco Liera sul Sole 24Ore di ieri (Domenica 9 dicembre) dal titolo "Boom di tv ultrapiatte - E la previdenza?"
MediaWorld, colosso della distribuzione non food, ha annunciato vendite record per il 2007 pari a due miliardi (di euro, neh?).
Gli italiani, in sostanza, spendono meno per gli alimentari e più per l'elettronica, trainata da quattro fattori:
  1. La pressione dei modelli di comportamento di massa. Non solo chi non ha la tv o il telefonino, ma anche chi non li cambia con una certa frequenza paga in varia misura una sorta di "isolamento sociale". Imitare gli altri è una scelta tranquillizzante per molti.
  2. L'innovazione tecnologica ha creato nuovi bisogni (vedi il successo di iPod o navigatori satellitari portatili).
  3. I prezzi dell'elettronica subiscono sempre un calo strutturale. Acquistare un televisore ultrapiatto costa un terzo rispetto a cinque anni fa, e questo induce ad una sistematica sovrastima del "value for money", del valore ricevuto in cambio del prezzo. Come se pagando meno non ricevessi meno. E comunque, se aspettassi ulteriormente pagherei ancora meno...
  4. Boom del credito al consumo presso il punto vendita. Al punto che i prodotti esposti quasi non riportano più il prezzo, ma l'importo delle rate.

Certo, servirebbero ulteriori indagini per fare piena luce sul fenomeno, ma è lecito chiedersi se certi italiani mangiano di meno o peggio pur di cambiare spesso la tv! E' comunque chiaro che a fare le spese di questa situazione è la capacità di risparmio, che già negli ultimi anni ha dato segni di rallentamento. Si parla di budget delle famiglie sempre più risicati, ma se l'86,4% ha almeno un telefonino, ricordiamoci che 18milioni di lavoratori (e in Italia sono 22...) non stanno risparmiando nulla per la propria previdenza integrativa. E' vero che stiamo scontando l'accumulazione avvenuta nei decenni 50-70 che ci ha trasmesso un benessere senza precedenti. Ma ci chiediamo: quale sarà il benessere degli anni 2020-2030?

Quello di vivere con una pensione pari al 40% dell'ultimo stipendio, ma con uno stupendo home theatre in salotto?